sabato 26 dicembre 2015

Good Bye Piero, my friend

Caro Piero
Alla fine il momento è arrivato, non si torna più indietro, già da un po' non aveva senso andare avanti, eri il primo a esserne cosciente. Non dimenticherò quel giorno di marzo di quasi due anni fa quando ci avevi raccontato come stavano le cose. Senza parole dirette o termini medici, anzi invece con buffi sinonimi, avevi ben chiara la situazione...e noi anche. Mi ricordo che ti dissi "fatti sentire, mi raccomando" e tu giustamente rispondesti "fatevi sentire voi....". In quel momento mi resi conto che la nostra amicizia era fatta soprattutto di arrampicata, di brevi incontri in qualche falesia dolomitica, a Badolo, più raramente in palestra. Sempre poche parole, bastavano gli sms, la telefonata era un osso duro per entrambi. Ma alla fine ci siamo sempre trovati. L'arrampicata era scandita dai tuoi aneddoti, dalle tue inconfondibili pause, dai giusti consigli di chi ha tredici anni di più, dalla tua ironia. Non ti nascondo che è stato difficile in questi due anni doverti mandare un messaggio o una mail per sapere come stavi, come procedeva, l'argomento era tanto diverso dal solito. Ma non ci siamo persi. E quando ho capito che il tempo stringeva e sono venuto a trovarti in ottobre, alla fine abbiamo parlato del tema che ci univa. Quell'arrampicata che lega con la corda tutto quel branco di matti che sta nelle falesie o sul muro, o peggio ancora in montagna. Legami fatti con nodi forti e corde robuste, appigli e appoggi, viaggi in macchina, eterne discussioni su un più o meno rispetto al grado della settimana, catene da prendere al volo o dove si arriva ma si respira quella sensazione strana. Ecco forse tu sei arrivato proprio a quest'ultima, quella che quando ti giri verso l'orizzonte e' tutto calmo quasi annebbiato, mentre sotto c'è il solito caos. Stavolta non ti possiamo calare, ti sei slegato e prosegui per la cengia. Ma la corda rimane.

Un Saluto

Marco



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