mercoledì 28 luglio 2021

Un punto di arrivo: Spigolo Giallo (Comici) alla Cima Piccola di Lavaredo


Impegnativa e bellissima. Soddisfazione enorme. Con Gec. Segue il report... Partiamo subito con una premessa. Se non fosse stato per Gec che mi ha trascinato (nel senso buono!) in questa avventura, probabilmente io non avrei mai percorso lo Spigolo Giallo, storica via di Emilio Comici del lontano 1933. Le Lavaredo sono sempre state un po’ lontane dalle mie rotte, poi qua c’è pure l’aggravante del grado, si parla di 6a con chiodi tradizionali e necessità di integrare, con due severi tiri in partenza che tutti reputano i più difficili della via. Insomma una via per quelli bravi, quelli che fanno il 7a in falesia e viaggiano tranquilli. Quindi cosa ci vado a fare io? Ma si, mi dico, tanto poi alla peggio la tira tutta lui e vado in relax da secondo. Da questi primi timidi ragionamenti sono passati ormai due anni, non c’era neanche il Covid! Il tempo passa, l’estate scorsa non si riesce a combinare molto, settembre arriva in un attimo, le giornate sono già corte e non ci fidiamo. Ma questo tempo è servito per elaborare la proposta, capire che fare una via così da gregario non avrebbe dato le stesse soddisfazioni che farla in alternata. Poi per carità ognuno farà i tiri in base alle sue capacità, ma se non altro nasce lo stimolo per allenarsi a dovere. Qua mi tornano in mente gli allenamenti per le mezze maratone, quel metodo “scientifico” che dice “se ti impegni con costanza poi ottieni”. Dalla primavera riusciamo ad arrampicare spesso, mettiamo anche nel cesto alcune vie lunghe che ci danno una certa consapevolezza che l’obiettivo è ormai raggiungibile. Non abbiamo una data certa, ma luglio ci pare il mese migliore. Per una serie di motivi ci riduciamo all’ultima settimana, vorremmo cercare di non traslare l’uscita ad agosto, peggio ancora a settembre. Voi che leggete direte….beh ci siamo. E invece no, arriva lui….il meteo infame, ovvero quello che non è ne’ bello ne brutto. Passo decine di ore davanti alle mappe, incrocio ogni sorta di bollettino, niente da fare per il 28 luglio 2021 la finestra patagonica non c’è. La mattina del 27 luglio ormai abbiamo rinunciato, quel clima da esame andato male e pacca sulle spalle, “dai sarà per più avanti vedrai che riusciremo”. Poi accade il miracolo. Meteo Arabba alle ore 13 emette un bollettino fin troppo ottimista. Sono in casa e sto mangiando, mando due righe a Gec e temporeggio un attimo. Esco di corsa a fare la spesa, ma quando vedo che nel carrello sto mettendo anche qualcosa per la merenda del giorno dopo capisco che ci siamo. Prendo nuovamente in mano i dati e ora anche la mappa Cosmo di Meteo BZ ci crede. Non senza fatica ci convinciamo (o meglio lo convinco…) che non prenderemo il temporale in parete, e con un bel ritardo rispetto ai piani partiamo con il furgone da Bologna alle ore 18. Da Rovigo a Pieve di Cadore è acqua fitta, temporali e fulmini orizzontali. Il morale non è molto alto, ci fermiamo a mangiare nel parcheggio di una farmacia, servirebbe davvero una cura per certe idee. Viene buio e ci ritroviamo a dormire nel parcheggio del Fonda Savio. Alle 3 mi sveglio, luna splendente a fianco della Torre Wundt e cielo stellato. Sveglia alle 5.30 e colazione abbondante. Lasciato l’obolo da trenta euro al casello saliamo verso il Rifugio Auronzo e da qua, ammirando lo Spigolo, fino all’attacco. Sono sotto al primo tiro, vorrei fare il coniglio ma ho studiato bene su YouTube questi 30 metri che ho davanti e mi dico che ce la posso fare. Alle ore 7.59 stacco i piedi da terra e rimango a lungo concentrato, sul tiro (V+) ci sono alcuni chiodi e si integra bene. Dopo quasi mezzora, approdo davanti alla sosta più fatiscente che abbia mai visto. 1 chiodo è penzolante, altri due danno poca fiducia, quello più a destra è recente ma suona male. Ho il martello dietro ma non ho voglia di investire altro tempo, sto scomodissimo pur di non appendermi e recupero Gec che ormai ha già passato troppo tempo giù in ombra. In una qualche maniera mi passa tra le gambe e affronta la seconda parte del diedro bianco, riesce con convinzione a oltrepassare l’ostico e unto passaggio strapiombante (VI-, anche VI allegro…) che sancisce la fine di questa via nella via. Si perché da qua in poi si entra in qualcosa di diverso, la via diventa più bella e svanisce quel senso di oppressione insistente. Saliamo ora quattro tiri di corda per nulla banali, zone più facili lasciano spazio a muri verticali poco o per niente chiodati. Diciamo che non è uno scandalo scomodare più volte il V grado. Al sesto tiro bisognerebbe contare le cenge e trovare due freccie incise per imbroccare l’esposto traverso verso sinistra. Non facile come leggerlo sul libro….L’orologio avanza e le nuvole che salgono a tratti ci dicono che non è ammesso sbagliare qualcosa adesso. Salgo anche io alla sosta e guardando verso sinistra mi torna in mente il video visto due sere prima sul quale mi ero addormentato. Quel cordone che penzola è inconfondibile, questa è la traversata giusta! In un attimo mi ritrovo alla settima sosta su un terrazzino, sotto un vuoto che toglie il fiato. Da qua in poi la via è veramente molto entusiasmante, lascio all’egregio compagno i prossimi due tiri. Muro verticale con percorso contorto ma con più interpretazioni (ottava lunghezza, V+) e poi il tiro chiave, stupendo diedro strapiombante tutto da arrampicare (VI+). L’abbondante chiodatura, la comoda e solida sosta alla base lo fa sembrare quasi un tiro da falesia. Indimenticabile. Dopo 25 metri si esce a sinistra passando davanti a una sosta a resinati……resinati? Ma di cosa parliamo? Beh allora perché qua non li hanno smartellati come invece hanno fatto con tutti gli altri fix in altre soste della via? Ecco qua viene da domandarsi bene che cos’è l’essere umano! Sorvoliamo che è meglio e torniamo sulla via. Si riesce ad andare a sostare una decina di metri in alto a sinistra, eliminando di fatto un corto tiro di V/V+. Rimangono a questo punto solo quattro tiri, si inizia a pregustare la gioia del risultato. La stanchezza inizia a farsi sentire, fa freschino e il sole ormai non è più predominante (nel caso lo fosse mai stato..), ma per fortuna l’arrampicata di questa ultima parte è estremamente divertente. Vari muri e fessure di V con passaggi di V+, tra l’altro ben chiodati o facilmente integrabili, si vorrebbe quasi che questo tratto non finisse mai. L’ultimo tiro spetta a colui che ha avuto l’idea, vedo che lotta con l’ultima fessura, non ci sono sconti fino in cima. Mentre mi recupera, mentre supero il sasso incastrato da cordonare di cui ho tanto letto su varie relazioni, mentre sbuco in cima e vedo la famosa sosta su due fix, capisco e di questo ne sono estremamente felice che lo Spigolo Giallo ci ha fatto passare. Ma la giornata non è ancora finita. Con molta fortuna raggiungiamo agevolmente la sella tra cima e anticima. Inizia a chiudersi il cielo, ma a parte qualche goccia raggiungiamo senza intoppi la forcella che separa Cima Piccola da Cima Grande. Sembra ormai fatta, invece scesi un centinaio di metri siamo costretti ad una ulteriore corda doppia di 60 metri per aver ragione di una nevaio fatto a pinna di squalo che neanche in Cliffhanger si era visto….Ormai sta venendo tardi, saranno le 18 e inizia a piovere come previsto. Ma ormai siamo fuori dai guai, faccia moh quello che vuole, mezzora e saremo al furgone, bagnati ma soddisfatti. Pizza e birra finale alla Pizzeria Europa di Auronzo (consiglio!), riassetto materiali e rientro in aerovia A27/A13, mezzanotte a Bologna. Abbiamo fatto giornata! Una piccola ma grande impresa, per noi più grande che piccola. E di tutto questo ringrazio Giacomo che ha voluto che condividessi con lui questa salita, oltre a coloro che hanno partecipato con noi a varie uscite di allenamento (Walther, Daniele, Tom, Ric …) e che ci hanno dato preziosi consigli sulla salita (grazie Fabio!). Un grazie speciale va alle nostre famiglie che ci hanno sostenuto, ascoltato, sopportato e spinto nel momento giusto, ora possiamo andare tutti in ferie più sereni…e tranquilli. Note per raggiungere la sella dove iniziano le corde doppie: Dall’ultima sosta della via su due fix. Spostarsi 5 metri verso Ovest, poi salire una corto canalino terroso, guadagnare una piattaforma (grosso ometto), scendere tre metri in una spaccatura più facile di quello che sembra (verso Nord-Ovest). Dopo un breve spostamento (altri 5-10 metri) salire un diedro di 15 metri (II,III) con ometti in cima. Seguire una cengia verso Nord-Ovest fino al termine dove si trova un ancoraggio per corda doppia di 10 metri versante Ovest (2 chiodi, cordoni e maglia rapida). Percorrere poi un ultima cornice (verso la sella, Nord) con un passaggio singolo di III grado in discesa (attenzione!). Con 8 corde doppie da 20/22 metri su grossi anelli nuovi ben visibili si perviene alla forcella.