Un punto di arrivo: Spigolo Giallo (Comici) alla Cima Piccola di Lavaredo
Impegnativa e bellissima. Soddisfazione enorme. Con Gec. Segue il
report... Partiamo subito con una premessa. Se non fosse stato per Gec che mi
ha trascinato (nel senso buono!) in questa avventura, probabilmente io non
avrei mai percorso lo Spigolo Giallo, storica via di Emilio Comici del lontano
1933. Le Lavaredo sono sempre state un po’ lontane dalle mie rotte, poi qua c’è
pure l’aggravante del grado, si parla di 6a con chiodi tradizionali e necessità
di integrare, con due severi tiri in partenza che tutti reputano i più
difficili della via. Insomma una via per quelli bravi, quelli che fanno il 7a
in falesia e viaggiano tranquilli. Quindi cosa ci vado a fare io? Ma si, mi
dico, tanto poi alla peggio la tira tutta lui e vado in relax da secondo. Da
questi primi timidi ragionamenti sono passati ormai due anni, non c’era neanche
il Covid! Il tempo passa, l’estate scorsa non si riesce a combinare molto,
settembre arriva in un attimo, le giornate sono già corte e non ci fidiamo. Ma
questo tempo è servito per elaborare la proposta, capire che fare una via così
da gregario non avrebbe dato le stesse soddisfazioni che farla in alternata.
Poi per carità ognuno farà i tiri in base alle sue capacità, ma se non altro
nasce lo stimolo per allenarsi a dovere. Qua mi tornano in mente gli
allenamenti per le mezze maratone, quel metodo “scientifico” che dice “se ti
impegni con costanza poi ottieni”. Dalla primavera riusciamo ad arrampicare
spesso, mettiamo anche nel cesto alcune vie lunghe che ci danno una certa
consapevolezza che l’obiettivo è ormai raggiungibile. Non abbiamo una data
certa, ma luglio ci pare il mese migliore. Per una serie di motivi ci riduciamo
all’ultima settimana, vorremmo cercare di non traslare l’uscita ad agosto,
peggio ancora a settembre. Voi che leggete direte….beh ci siamo. E invece no,
arriva lui….il meteo infame, ovvero quello che non è ne’ bello ne brutto. Passo
decine di ore davanti alle mappe, incrocio ogni sorta di bollettino, niente da
fare per il 28 luglio 2021 la finestra patagonica non c’è. La mattina del 27
luglio ormai abbiamo rinunciato, quel clima da esame andato male e pacca sulle
spalle, “dai sarà per più avanti vedrai che riusciremo”. Poi accade il
miracolo. Meteo Arabba alle ore 13 emette un bollettino fin troppo ottimista.
Sono in casa e sto mangiando, mando due righe a Gec e temporeggio un attimo.
Esco di corsa a fare la spesa, ma quando vedo che nel carrello sto mettendo
anche qualcosa per la merenda del giorno dopo capisco che ci siamo. Prendo
nuovamente in mano i dati e ora anche la mappa Cosmo di Meteo BZ ci crede. Non
senza fatica ci convinciamo (o meglio lo convinco…) che non prenderemo il
temporale in parete, e con un bel ritardo rispetto ai piani partiamo con il
furgone da Bologna alle ore 18. Da Rovigo a Pieve di Cadore è acqua fitta,
temporali e fulmini orizzontali. Il morale non è molto alto, ci fermiamo a
mangiare nel parcheggio di una farmacia, servirebbe davvero una cura per certe
idee. Viene buio e ci ritroviamo a dormire nel parcheggio del Fonda Savio. Alle
3 mi sveglio, luna splendente a fianco della Torre Wundt e cielo stellato.
Sveglia alle 5.30 e colazione abbondante. Lasciato l’obolo da trenta euro al
casello saliamo verso il Rifugio Auronzo e da qua, ammirando lo Spigolo, fino
all’attacco. Sono sotto al primo tiro, vorrei fare il coniglio ma ho studiato
bene su YouTube questi 30 metri che ho davanti e mi dico che ce la posso fare.
Alle ore 7.59 stacco i piedi da terra e rimango a lungo concentrato, sul tiro
(V+) ci sono alcuni chiodi e si integra bene. Dopo quasi mezzora, approdo
davanti alla sosta più fatiscente che abbia mai visto. 1 chiodo è penzolante,
altri due danno poca fiducia, quello più a destra è recente ma suona male. Ho
il martello dietro ma non ho voglia di investire altro tempo, sto scomodissimo
pur di non appendermi e recupero Gec che ormai ha già passato troppo tempo giù
in ombra. In una qualche maniera mi passa tra le gambe e affronta la seconda
parte del diedro bianco, riesce con convinzione a oltrepassare l’ostico e unto
passaggio strapiombante (VI-, anche VI allegro…) che sancisce la fine di questa
via nella via. Si perché da qua in poi si entra in qualcosa di diverso, la via
diventa più bella e svanisce quel senso di oppressione insistente. Saliamo ora
quattro tiri di corda per nulla banali, zone più facili lasciano spazio a muri
verticali poco o per niente chiodati. Diciamo che non è uno scandalo scomodare
più volte il V grado. Al sesto tiro bisognerebbe contare le cenge e trovare due
freccie incise per imbroccare l’esposto traverso verso sinistra. Non facile
come leggerlo sul libro….L’orologio avanza e le nuvole che salgono a tratti ci
dicono che non è ammesso sbagliare qualcosa adesso. Salgo anche io alla sosta e
guardando verso sinistra mi torna in mente il video visto due sere prima sul
quale mi ero addormentato. Quel cordone che penzola è inconfondibile, questa è
la traversata giusta! In un attimo mi ritrovo alla settima sosta su un
terrazzino, sotto un vuoto che toglie il fiato. Da qua in poi la via è
veramente molto entusiasmante, lascio all’egregio compagno i prossimi due tiri.
Muro verticale con percorso contorto ma con più interpretazioni (ottava
lunghezza, V+) e poi il tiro chiave, stupendo diedro strapiombante tutto da
arrampicare (VI+). L’abbondante chiodatura, la comoda e solida sosta alla base
lo fa sembrare quasi un tiro da falesia. Indimenticabile. Dopo 25 metri si esce
a sinistra passando davanti a una sosta a resinati……resinati? Ma di cosa
parliamo? Beh allora perché qua non li hanno smartellati come invece hanno
fatto con tutti gli altri fix in altre soste della via? Ecco qua viene da
domandarsi bene che cos’è l’essere umano! Sorvoliamo che è meglio e torniamo
sulla via. Si riesce ad andare a sostare una decina di metri in alto a
sinistra, eliminando di fatto un corto tiro di V/V+. Rimangono a questo punto
solo quattro tiri, si inizia a pregustare la gioia del risultato. La stanchezza
inizia a farsi sentire, fa freschino e il sole ormai non è più predominante
(nel caso lo fosse mai stato..), ma per fortuna l’arrampicata di questa ultima
parte è estremamente divertente. Vari muri e fessure di V con passaggi di V+,
tra l’altro ben chiodati o facilmente integrabili, si vorrebbe quasi che questo
tratto non finisse mai. L’ultimo tiro spetta a colui che ha avuto l’idea, vedo
che lotta con l’ultima fessura, non ci sono sconti fino in cima. Mentre mi
recupera, mentre supero il sasso incastrato da cordonare di cui ho tanto letto
su varie relazioni, mentre sbuco in cima e vedo la famosa sosta su due fix,
capisco e di questo ne sono estremamente felice che lo Spigolo Giallo ci ha
fatto passare. Ma la giornata non è ancora finita. Con molta fortuna
raggiungiamo agevolmente la sella tra cima e anticima. Inizia a chiudersi il
cielo, ma a parte qualche goccia raggiungiamo senza intoppi la forcella che
separa Cima Piccola da Cima Grande. Sembra ormai fatta, invece scesi un
centinaio di metri siamo costretti ad una ulteriore corda doppia di 60 metri
per aver ragione di una nevaio fatto a pinna di squalo che neanche in
Cliffhanger si era visto….Ormai sta venendo tardi, saranno le 18 e inizia a
piovere come previsto. Ma ormai siamo fuori dai guai, faccia moh quello che
vuole, mezzora e saremo al furgone, bagnati ma soddisfatti. Pizza e birra
finale alla Pizzeria Europa di Auronzo (consiglio!), riassetto materiali e
rientro in aerovia A27/A13, mezzanotte a Bologna. Abbiamo fatto giornata! Una
piccola ma grande impresa, per noi più grande che piccola. E di tutto questo
ringrazio Giacomo che ha voluto che condividessi con lui questa salita, oltre a
coloro che hanno partecipato con noi a varie uscite di allenamento (Walther,
Daniele, Tom, Ric …) e che ci hanno dato preziosi consigli sulla salita (grazie
Fabio!). Un grazie speciale va alle nostre famiglie che ci hanno sostenuto,
ascoltato, sopportato e spinto nel momento giusto, ora possiamo andare tutti in
ferie più sereni…e tranquilli. Note per raggiungere la sella dove iniziano le
corde doppie: Dall’ultima sosta della via su due fix. Spostarsi 5 metri verso
Ovest, poi salire una corto canalino terroso, guadagnare una piattaforma
(grosso ometto), scendere tre metri in una spaccatura più facile di quello che
sembra (verso Nord-Ovest). Dopo un breve spostamento (altri 5-10 metri) salire
un diedro di 15 metri (II,III) con ometti in cima. Seguire una cengia verso Nord-Ovest
fino al termine dove si trova un ancoraggio per corda doppia di 10 metri
versante Ovest (2 chiodi, cordoni e maglia rapida). Percorrere poi un ultima
cornice (verso la sella, Nord) con un passaggio singolo di III grado in discesa
(attenzione!). Con 8 corde doppie da 20/22 metri su grossi anelli nuovi ben
visibili si perviene alla forcella.
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